UN DIFETTO TUTTO ITALIANO: "L'ESTEROFILIA"

di Antonio Buonomo

Cari amici,
questo mese vi voglio parlare dell'esterofilia. Un difetto tutto italiano del quale i nostri batteristi e percussionisti non sono certamente immuni.
Una prova tangibile di questa propensione dei percussionisti per tutto ciò che non è italiano ci viene dall'uso e abuso dei numerosi termini onomatopeici anglo-americani quali, ad esempio, flam, ruff, ecc. Per avvalorare questa tesi basta sapere che in moltissimi paesi, per indicare questo tipo di abbellimento, si usa l'italianissimo termine di acciaccatura. Al limite, per imitare con la voce il suono dell'abbellimento, si potrebbero usare termini onomatopeici della nostra lingua. Questo solo perché i vari flam o ruff, funzionano benissimo nel linguaggio originario; ma siamo sicuri che l'effetto sonoro in italiano sia lo stesso?
Tornando a parlare in generale, ricordiamo che qualche anno fa una prova fra spumanti italiani e champagne francesi, si risolse largamente a favore dei prodotti italiani. Eppure la gente, pensando magari di fare "più bella figura" con gli amici, continua a preferire champagne francesi di qualità molto commerciale anziché spumanti italiani, metodo tradizionale classico, migliori come rapporto qualità prezzo.
Altro esempio significativo, sempre in tema vinicolo, riguarda gli spumanti fermentati in recipienti chiusi. Questo procedimento, inventato dall'italiano Federico Martinotti, è stato denominato, giustamente, "metodo italiano" ma quasi tutti continuano a chiamarlo metodo Charmat.
Ai tempi del western all'italiana, anche il cinema dovette pagare dazio. Così, tanti bravi attori di casa nostra, per venire incontro alle aspettative sbagliate del pubblico, si videro costretti ad americanizzare i loro nomi…
A parte queste divagazioni di carattere generale, vorrei fosse evidente che nel nostro lavoro non si tratta di fare dello sciovinismo musicale a buon mercato, ma solo di non danneggiare gli allievi insistendo con testi superati dalla crescente evoluzione tecnica degli ultimi anni.
È chiaro che questo discorso non si pone per le opere di provato valore che tutti vorrebbero sempre avere a portata di mano, indipendentemente dall'autore e dalle origini geografiche. Ma è importante parlarne, per eliminare quei lavori chiaramente inconsistenti o addirittura dannosi.
Durante una recente tournée negli USA, dopo aver costituito una "cassa comune" tra colleghi, abbiamo comprato tutto quello che c'era da comprare in materia di trattati e metodi per strumenti a percussione.
Senza scendere in dettagli poco simpatici, possiamo dire (e provare a chi non crede alle nostre affermazioni) che di tutto il materiale comprato di veramente valido abbiamo trovato soltanto qualche metodo per batteria. Mentre, in un metodo per marimba, tra le soluzioni consigliate dall'autore per superare problemi… didattici, ci ha colpito quella in cui si suggeriva ai tastieristi in erba, con tanto d'illustrazioni fotografiche, di mettere una pedana sotto ai piedi per arrivare alla tastiera.
A suo tempo furono contestati i programmi per i concorsi a cattedra nei quali era stata completamente ignorata la letteratura italiana (presente sul mercato con opere di case editrici del calibro di Casa Ricordi, Suvini-Zerboni, Curci, Carisch-Warner, Sonzogno, ecc.) a beneficio di opere di compositori dilettanti stranieri, quasi introvabili in Europa.
Anche nei programmi dei concorsi, per banda od orchestra, comunque, si continuano ad inserire studi rigorosamente stranieri tra cui quelli per tamburo, scritti ancora con i segni del trillo, che mettono in imbarazzo sia chi deve suonare sia chi deve giudicare.
A tale proposito mi corre l'obbligo di chiarire meglio, anche per i numerosi lettori che mi hanno scritto su quest'argomento, perché il segno tr, ancora usato in alcuni testi, è da considerarsi impreciso e sorpassato.
Innanzi tutto va fatto notare che, non a caso, l'indicazione tr, presa in prestito dall'abbreviazione di trillo, sopravvive ancora solo nella musica antica.
Infatti, se consideriamo che la linea ondulata messa sopra alle note, soprattutto nei rulli brevi e brevissimi, non è mai “precisa” come i convenzionali 32.mi, si può capire perché tale segno sia stato abbandonato dalla maggior parte degli autori…

Questo segno è preciso soltanto se l'esecutore lo interpreta come un trillo: vale a dire senza interruzione fino alla nota di chiusura, o risoluzione. In caso contrario, se la linea ondulata è corta l'esecutore può pensare di staccare il rullo prima della nota successiva, oppure, se il tratto è lungo, potrebbe essere indotto in errore rullando anche la nota di chiusura.
Con i convenzionali trentaduesimi, invece, non ci sarebbero assolutamente dubbi sulla corretta esecuzione della scrittura…

Chiarito questo punto, vorrei concludere confidandovi un atroce dubbio che mi è venuto proprio mentre scrivevo queste note.
Fino ad ora ero giustamente compiaciuto perché ogni settimana ricevo molte lettere con richieste di consigli, tra cui diverse di colleghi e studenti USA. L’anno scorso in una lettera-invito, per una collaborazione professionale a Pasadena, mi fu addirittura detto: “Hai le migliori idee finora viste nel campo della percussione!” Vuoi vedere che l’esterofilia non è solo un male italiano?