COMMENTI AI 12 CONCETTI

1. Il suono delle percussioni. Chiunque passa vicino ad un qualsiasi strumento a percussione ha la tentazione di toccarlo ricavando, in ogni caso, qualche effetto sonoro.
Se qualcuno confonde ancora il suono delle percussioni con il rumore, la colpa può essere attribuita anche a quei percussionisti che non s’impegnano per ricavare dai loro strumenti le migliori sonorità.

2. Si tratta di un pianissimo o di una pausa? Quante volte vi sarà capitato di vedere un percussionista, o timpanista, bearsi nella sua “coreografia” di movimenti mentre a voi non giungeva alcun suono? Ebbene, questo concetto è dedicato a loro.

3. Capire le difficoltà dei “normali”. Alcuni anni fa, ascoltando una lezione tenuta da un collega, famoso violinista e grande virtuoso del suo strumento, abbiamo assistito ad una scena che vale la pena di raccontare. L’insegnante si irritava perché l’allievo non riusciva ad eseguire alla perfezione un passaggio tecnico che lui gli aveva fatto ascoltare varie volte. Al ché l’allievo, parafrasando una pubblicità molto nota in quegli anni, gli disse: “Maestro, è inutile che me lo fa risentire perché lei con quelle mani può fare ciò che vuole!”

4. Parlare e studiare musicalmente. Le parole possono essere accorate o gioiose, scandite o dette tutte d’un fiato, a seconda di cosa si pensa di mettere in risalto. In musica avviene la stessa cosa. Ma, attenzione a non esagerare perché, a volte, un forte può diventare gradevolissimo, mentre un piano può essere sgradevole. Tutto dipende dall’espressività e dalla qualità del suono.

5. Non esageriamo col metronomo! A coloro che andrebbero anche a letto col metronomo, per… dormire “a tempo”, ricordiamo che anche nella musica computerizzata è stato necessario inserire l’opzione “humanize” (che inserisce una percentuale di errori ritmici) per far diventare più naturale e credibile l’esecuzione.

6. Se non si evitano le curve sulla marimba. Molti studenti dedicano un numero incredibile di ore allo studio della marimba senza preoccuparsi minimamente di controllare l’esattezza dei movimenti. L’errore più comune consiste nell’allungare il percorso delle bacchette per evitare l’allontanamento; cosa che, poi, sul tamburo o sui timpani, tutti realizzano inconsciamente senza problemi.

7. Come ti giudico un esercizio. Qualche volta i difetti, che ognuno si porta dietro senza accorgersene, dipendono dall’impazienza e dalla voglia di cimentarsi con esecuzioni per le quali non si è ancora preparati tecnicamente. Altre volte, invece, tali difetti sono determinati dal fatto di non avere sottomano esercizi di tecnica che abbiano le caratteristiche di gradualità e specificità necessarie per produrre buoni risultati. Gli esercizi di tecnica rappresentano una vera e propria ginnastica per acquisire i mezzi da impiegare nel corso dell’esecuzione: saper giudicare la validità, anche di queste modeste creazioni musicali, significa progredire in tutta sicurezza.

8. Ritmo e rilassamento. All’epoca dei night club, quando si suonava quasi tutta la notte, c’era un batterista anziano, che verso le quattro del mattino (nel momento in cui la musica decisamente soft conciliava il sonno) riusciva a suonare “dormendo”, tanto da meritarsi l’appellativo di “batterista dormiente”. Questo collega, suonava sicuramente in uno stato di “distensione totale”. Ma se al posto degli accattivanti slow l’orchestra avesse attaccato brani che richiedevano una partecipazione ritmica maggiore, con bacchette al posto delle “riposanti” spazzole, allora è il caso di dire che… sarebbe stata un’altra musica!

9. Questa o quella, per me pari sono. La corretta esecuzione dei segni d’espressione viene spesso trascurata perché richiede pazienza e dedizione. Conseguentemente, quando si suonano, ad esempio, note legate con punti tondi (staccato legato), o note con trattini (note appoggiate, quasi accentate) o note con legature d’espressione, le differenze, come cantava il duca di Mantova, non sussistono.

10. Attenzione agli esercizi per rinforzare i muscoli. Non sono soltanto i farmaci a poter causare danni fisici, se non vengono sperimentati. Un batterista, al quale si era gonfiato il braccio in maniera spaventosa, ha raccontato che il suo insegnante gli faceva fare degli esercizi per irrobustire gli avambracci. Noi stessi abbiamo “curato” diversi percussionisti (vittime di certe “innovazioni tecniche”) che erano costretti a sottoporsi ad infiltrazioni di cortisone nel gomito come i tennisti.

11. Conosci il passato per capire il presente. Ci sono dei pittori dilettanti che si danno alla pittura informale, perché non conoscono la prospettiva e compositori che scrivono musica contemporanea perché non conoscono l’armonia e il contrappunto. Questo di sicuro non è un male, perché in tal modo tutti possono dare sfogo alla propria creatività senza preoccuparsi delle regole. Se invece il discorso diventa professionale, ed ha come scopo la didattica, allora, prima di proporre agli altri il frutto delle proprie idee, è bene partire dalla storia e dalle regole, per rendersi conto di quello che è stato già fatto e per avere “una base” su cui impostare la propria “rivoluzione” culturale e musicale.

12. Saper leggere “tra le righe”. Per imparare a “trattare” i vari autori e per interpretare nel modo giusto i vari generi musicali, non basta leggere la musica. Conoscere la matrice originaria, e capire l’evoluzione tecnica e musicale dei vari brani, significa anche imparare ad usare i segni dinamici e i segni d’espressione nel modo più appropriato. Il forte mozartiano (eseguito in un’orchestra da camera) non può essere paragonato a quello wagneriano dove, oltre ai numerosi archi, predominano ottoni d’ogni tipo. Il legato staccato usato in un’opera di Verdi non può essere lo stesso che si deve usare nel jazz dove, per prima cosa, va eliminata ogni traccia di perfezionismo scolastico.