LA BIBBIA DEI BATTERISTI

di Antonio Buonomo

Se pensate che le sacre scritture siano gli unici libri a non aver subito revisioni o aggiornamenti, vi sbagliate. Anche nella didattica batteristica vi sono testi considerati "storici" che, a distanza di oltre mezzo secolo, vengono ancora studiati e fatti studiare come se dagli anni 40 ad oggi la musica e la tecnica si fossero fermati.
Ma questo non è solo un problema musicale. Infatti, recentemente, è stato proposto un aggiornamento… a punti per la carriera dei medici e già il Presidente della Repubblica, rivolgendosi agli insegnanti in generale, aveva posto l'accento sul fatto che insegnare quello che si è studiato a suo tempo, oggi non basta più.

Agli inizi del novecento, fra i tanti emigranti dello spettacolo in cerca di fortuna oltre oceano, c'erano molti nostri parenti. Questo ha fatto sì che, nell'immediato dopoguerra, la nostra famiglia sia stata una delle prime in Europa a poter avere contatti didattici con gli USA.

Ricordiamo ancora, come se fosse oggi, il nostro primo metodo completo per strumenti a percussione: il leggendario "Gardner" datato 1919. Il primo metodo in lingua inglese di Gene Krupa (datato 1938) e il primo album dello stesso Krupa, in confezione cassetta di legno per salvaguardare dalla rottura i fragilissimi dischi a 78 giri.
Nonostante l'insopportabile rumore della puntina, che sembrava un aratro, l'emozione era davvero grande ed irripetibile.

Poi, molta e fin troppa acqua è passata sotto ai ponti e... come avemmo modo di dire, sin dal 1987 in una delle nostre pubblicazioni, "l'incessante fermento evolutivo, eternamente proiettato verso il futuro, si traduce in un superamento di ciò che appena ieri era considerato innovativo così come, probabilmente, sarà domani per ciò che attualmente viene giudicato rivoluzionario."

Questo però non significa che i testi "sacri" vanno relegati nell'album dei ricordi, ma piuttosto rivisitati e aggiornati.

Abbiamo sempre sostenuto che è l'insegnante che fa il metodo e non viceversa. La prova della veridicità di quest'affermazione ci viene proprio da uno dei più famosi marimbisti statunitensi che, come metodo per la lettura della marimba a due bacchette, usa il notissimo (e antichissimo) testo italiano per la divisione di Pasquale Bona.

Nelle lezioni precedenti abbiamo già dimostrato che studiando i rudimenti, come riportato dai vecchi testi, si acquista una sorta di riflesso condizionato verso un solo tipo di esecuzione (quella in battere), perché gli accenti capitano sempre negli stessi punti; che la quadratura ritmica non può essere controllata, ecc.
Per cercare di superare tutti questi limiti abbiamo elaborato nuovi esercizi, che possiamo definire omnicomprensivi perché suonandoli si realizzano rulli misurati a colpi singoli, doppi e tripli, paradiddles e abbellimenti, sia sugli accenti forti sia su quelli deboli. In pratica in battere e in levare.

Per iniziare al meglio il nuovo anno vi proponiamo una novità e un esempio di rivisitazione.
La novità consiste nel paradiddles con il colpo triplo, di nostra ideazione, utilissimo sulla batteria e sui timpani, quando è necessario liberare una mano dopo tre colpi ribattuti. L'esempio di rivisitazione riguarda, invece, il classico dei classici per tamburo: i "3 campi".
Per quest'ultimo brano, però, è necessario una nota tecnica riguardante, le accentuazioni.

Nell'esecuzione "normale" in 12/8, gli accenti sui tempi deboli sono sempre seguiti dall'appoggio sul tempo forte; quindi è più facile eseguire gli accenti, con qualsiasi tipo di tecnica, senza ritardare. Nella nostra rivisitazione, invece, è indispensabile suonare "raccolti" (senza appesantire il gesto e senza alzare troppo le braccia) perché, in particolar modo nei ritmi dispari, c’è molto meno tempo per eseguire le accentuazioni.

Qualcuno potrà obiettare che il tempo è sempre lo stesso, indipendentemente dagli accenti, e sarebbe una bella domanda se non ci fosse una spiegazione logica.

In realtà le accentuazioni causano un vero e proprio cambiamento del ritmo scritto perché i suoni accentati risultano sempre più lunghi degli altri, costringendo l'esecutore a "rubare" il valore dato alle note più marcate ai suoni successivi.

Ora, se l'accento intensivo (>) capita sugli altri accenti naturali della misura, ad esempio, sul primo e terzo movimento nel tempo ordinario, l'esecuzione è più semplice perché si tratta di rinforzare accenti già esistenti. Se, invece, gli accenti vengono spostati sui tempi deboli della misura, o addirittura sulle suddivisioni di tempi irregolari, allora bisogna conoscere la tecnica che consente di ottenere colpi più marcati in velocità senza ritardare.
Tale tecnica, come i lettori che seguono da tempo questa rubrica già sapranno, si avvale di fulminee contrazioni delle dita, per evidenziare le accentuazioni, seguite da immediato rilassamento per non soffocare le vibrazioni e continuare a "veleggiare" in scioltezza.

N.B. Chi è interessato agli esempi musicali di questo articolo può consultare Percussioni di febbraio 2000.