TAMBURO E BATTERIA

Agli inizi del secolo scorso, la maggior parte degli strumentisti proveniva dai complessi bandistici e perciò usava la stessa impugnatura, che serviva per suonare marciando, anche per la batteria e per il tamburo d’orchestra. Come si può vedere nelle foto d’epoca (tratte da The Gardner Modern Method datato 1919) anche la mano destra impugnava la bacchetta in modo da poter effettuare il movimento di rotazione, necessario per colpire il tamburo sospeso alla bandoliera.

La provenienza bandistica, tuttavia, non si fermò soltanto all’enfatizzazione del caratteristico movimento rotatorio di ambedue le mani, ma influenzò anche lo stile. Difatti, per molti anni, sia l’accompagnamento sia gli 'assolo' dei batteristi non furono altro che la trasposizione sulla batteria del fraseggio tecnico, usato nelle marce militari, delle scuole di tamburo europee. Questa considerazione non deve essere giudicata riduttiva, dal punto di vista dei contenuti musicali, perché la tecnica bandistica militare si nutriva anche di grandi classici. Basti citare, fra i tanti che scrissero marce, Giambattista Lulli, compositore francese di origine italiana, che nel Seicento scrisse molte marce militari per le bande stabili francesi, seguito da tanti altri celebri compositori, tra cui Mozart e Beethoven, che si cimentarono anche nelle marce dette 'Alla turca' (un genere particolare, di stampo esotico, che faceva largo uso delle percussioni). In America, sotto l’incalzante influsso della musica nera, i progressi tecnici furono veloci e consistenti. Tuttavia, per arrivare ad un uso più musicale dello strumentario a disposizione del batterista bisogna attendere l’abbandono delle impugnature da banda, ciò che avvenne intorno agli anni Quaranta. La critica jazzistica sicuramente non sarà d’accordo. Però, a nostro avviso, non bisogna confondere l’uso 'effettistico' della batteria (come i colpi sui cerchi o tra cerchio e pelle dei vari tamburi, o delle bacchette percosse fra loro) con l’uso melodico e armonico dell’insieme di strumenti denominati batteria.

In vari paesi europei, ma soprattutto in Francia, la negritudine (cioè l’insieme di valori storici e autentici della tradizione spirituale e musicale nera e, quindi, il jazz) era molto sentita, mentre in Italia, per le note ragioni ideologiche del ventennio, il gusto del pubblico veniva indirizzato verso la musica classica. Fortunatamente, in quel periodo a dare gloria e prestigio alla nostra scuola pensarono i tanti emigranti dello spettacolo e quelli che, nell’immediato dopoguerra, riuscirono a guadagnare in fretta il tempo perduto.

A cavallo tra gli anni Trenta e i Quaranta, la posizione della bacchetta destra, e di conseguenza i movimenti di percussione delle due mani, non subirono palesi cambiamenti (come mostrano i particolari delle foto tratte dai metodi di G. Krupa, del 1938, e di B. Podemski, del 1940).

Soltanto qualche decennio più tardi la bacchetta destra fu sistemata, com’è tuttora, nell’incavo centrale del palmo della mano.

Questo importante passaggio, oltre a consentire alla mano destra di abbandonare il movimento rotatorio, preludeva anche al graduale abbandono della posizione asimmetrica a favore di quella timpanistica.
La mano sinistra, nella posizione da banda, teneva la bacchetta tra pollice ed anulare, con l’indice e il medio sollevati per non ostacolare il rimbalzo verso l’alto. La mancanza di stabilità di questo tipo di presa costringeva a suonare in uno stato di continua tensione muscolare in quanto, per evitare vistosi sbandamenti durante il movimento di rotazione verso l’alto, l’esecutore era costretto a stringere eccessivamente la bacchetta con il pollice.

Proprio nel tentativo di dare maggiore stabilità a quest’impugnatura, alcuni esecutori iniziarono ad appoggiare l’indice e il medio sulla bacchetta. Ciò nonostante, fu necessario attendere ancora un po’ di tempo per capire che era inutile appoggiare l’indice e il medio sulla bacchetta se poi queste dita, anziché contribuire al gesto tecnico, nel momento della rotazione verso l’alto venivano scostate. Per controbilanciare un gesto innaturale, quale era quello della mano sinistra, a partire dagli anni Cinquanta, abbiamo creato una serie di esercizi per le dita finalizzati a incrementare e potenziare anche l’articolazione di pollice (fig. 1) e indice (fig. 2), in modo da ottenere un movimento di percussione al quale contribuiscono in maniera determinante tutte le dita (fig. 3).


Nel 1965 in Italia vide la luce il primo metodo completo per strumenti a percussione in tre volumi, e fu così ufficializzata la posizione timpanistica (già usata da anni) anche per il tamburo e la batteria.

Quest'ultima posizione permetteva alle due mani di abbandonare la rotazione laterale a favore del movimento diretto di articolazione che, oltre ad andare bene per suonare molti altri strumenti senza eccessive varianti, favoriva anche la sincronizzazione tra mani e piedi nella batteria.

Con quest’ultimo riferimento intendiamo anche formulare una nostra teoria, a proposito delle cause che hanno impedito alla tecnica dei pedali di evolversi con la stessa sorprendente rapidità di quella delle mani.Tale teoria tiene conto sia della diversità del movimento rotatorio delle mani, rispetto a quello sempre in linea dei piedi, sia della mancanza di esercitazioni pratiche (che, invece, erano il pane quotidiano per le mani dei tamburini delle bande militari). A nostro avviso, quindi, ricercare la coordinazione e la velocità, usando due movimenti completamente diversi, non è come praticare lo stesso movimento tra arti superiori e inferiori.
Ad ogni modo, con l’evoluzione tecnica degli arti inferiori (raggiunta anche grazie all’adozione della doppia cassa), questa lacuna è stata colmata. Pertanto, oggi la batteria acustica moderna è pensata come un qualsiasi strumento melodico-armonico e multitimbrico, da utilizzare alla stregua di un qualsiasi strumento polifonico.

Nell’orchestra classica (a parte le esigenze storiche delle opere liriche) l’impugnatura tradizionale serve quando, per particolari necessità tecniche, è utile adottare il movimento rotatorio della mano sinistra; cosa che si può verificare anche per brani musicali contemporanei quando, ad esempio, si deve rullare su una cassa o un tam-tam collocati in posizione verticale. Nella musica leggera e nel jazz, la presa asimmetrica viene invece usata quando è possibile suonare 'raccolti'. In pratica: con le batterie d’epoca e quando non bisogna fare i conti con le distanze imposte dalle accessoriatissime batterie d’oggi per le quali, manco a dirlo, va sicuramente meglio la presa timpanistica.
Di quest’ultima impugnatura, si usano due versioni: una prima (che abbiamo già visto nella foto del 1965) con il palmo rivolto verso il pavimento, ed una seconda con il palmo verticale (fig. 4).

Con il palmo piatto (impugnatura orizzontale) si ha una superiore articolazione delle dita e del polso, con conseguente maggiore potenza. Con la posizione verticale (detta anche 'a stretta di mano') si ha una maggiore sensibilità di percussione, ma una minore articolazione del polso.
Alcuni batteristi usano anche un’impugnatura a tre dita (pollice, indice e medio) con molti limiti e alcuni vantaggi che, però, non giovano alla musica che suonano.
Tra i vantaggi della posizione con il palmo piatto va anche segnalato il cosiddetto rimbalzo 'a sponda'. Una sorta di 'ping-pong' che esegue la bacchetta (rimbalzando tra le dita e la parte inferiore del palmo della mano) che, nelle sequenze veloci di biscrome e nei rulli a colpi singoli, consente di ottenere la massima velocità in uno stato di grande distensione. Si tratta, in pratica, di tenere le dita aperte e ferme a pochi centimetri dalla bacchetta (fig. 5 A), mentre si percuote con una leggera articolazione del polso.
Con questa tecnica, valida anche per i timpani, si riescono ad avere colpi più omogenei ed una migliore qualità di suono, rispetto allo stesso movimento ottenuto stringendo la bacchetta (Fig. 5 B).


Per favorire l’acquisizione di una corretta impugnatura è bene suddividere la fase d’impostazione in vari momenti, iniziando dalla posizione della bacchetta nell’incavo naturale del palmo della mano e proseguendo con appositi esercizi di articolazione. Tali esercizi, da noi inseriti in varie pubblicazioni, servono per esercitare separatamente tutte le articolazioni interessate al gesto tecnico. In questo modo si evita il pericolo di suonare utilizzando un unico movimento articolare che, oltre ad avere deleterie conseguenze per l’esecuzione, comporta anche un notevole e inutile dispendio di energie.

Sopra abbiamo mostrato la corretta impugnatura di una giovanissima allieva di dieci anni e quell’istintiva di un bambino di 18 mesi. Alla prima si può pervenire in modo graduale, studiando le diverse fasi illustrate in vari metodi, tra cui: Nati per la batteria (Milano, 2001) e Il suono della percussione (Milano, 1982); alla seconda (da adulti) se si ha quel qualcosa in più che distingue l’artista dai… 'normali'!

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